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Tanjevic alla ricerca degli italiani perduti

luigi ceccon/ Lascia un commento/ 1307/ 0

Al via l’ennesimo campionato di Serie A, post Europei che hanno definitivamente stabilito, anche per i più duri di comprendonio, lo stato di (poca) salute del movimento cestistico Italiano, mostrando i limiti di una nazionale italiana composta da pochi giocatori di livello internazionale, che hanno con dedizione portato avanti la bandiera, e una nuova generazione che a 23 anni non è ancora pronta per giocare. Non è stato deludente il quarto di finale, per una squadra che veniva a stento accreditata tra le prime 16 e che per la quale si è quasi gridato al miracolo per aver sconfitto la Finlandia (35ma nel ranking FIBA e che ha come miglior piazzamento un sesto posto ai campionati europei ma del 1967). È stato deludente vedere che coach Messina ha dovuto usare le proprie capacità per mascherare un gruppo dove spiccava la pochezza del reparto dei lunghi e le difficoltà di una cabina di regia affidata al ritrovato Hackett, supportato da Filloy, argentino naturalizzato esordiente a 30 anni nella nazionale maggiore.

All’improvviso si è passato dallo sbandierare la “Nazionale più forte di tutti i tempi”, al gridare: “mancano i giocatori”. Soluzioni? Il presidente Gianni Petrucci prima ha ammesso che “ci deve essere un problema” (ma stiamo tranquilli: non parlava di sé stesso), e ha subito comperato (a spese della federazione) un parafulmine, il collaudatissimo, ma pensionato, Boscia Tanjevic “lui ci capisce, io no” a salvare il movimento. Peccato che il primo e inascoltato grido di allarme sullo stato del movimento italiano sia stato lanciato quasi tre lustri fa dall’allora coach della Nazionale Charlie Recalcati, ancora con la medaglia al collo, preoccupato del mancato ricambio della talentuosissima generazione di giocatori arrivata seconda ai giochi olimpici di Atene.

Nel frattempo la Federazione cosa ha fatto? Ha varato formulbe matematiche sulla composizione dei roster che hanno tutelato i procuratori ma non i giocatori, tantomeno gli italiani, sperperando denaro e recentemente ingaggiando una personalissima guerra per demolire l’Euroleague e l’Eurocup, ora messe in contrapposizione con le finestre dedicate alla nazionale, ma che portavano gran quantità di denaro nelle casse delle squadre partecipanti.

A proposito di denaro, Sasha Danilovic, presidente della Federazione cestistica serba, (e che con la “Serbia B” si sarebbe poi giocato la finale di Eurobasket) in tema di soldi ha affermato che la disparità tra le due squadre stava prima del tutto nel budget, visto che la Serbia ha un budget di circa 2.5 milioni di Euro l’Italia circa 40. Da brividi la risposta di Petrucci al riguardo: “Io rispondo che non è una questione di soldi, ma di mentalità”… no comment.

Si ricomincia. Tutti a caccia di Milano, come sempre indicata come favorita alla vittoria finale, anche se lo scudetto sul petto lo porta Venezia. Rivoluzionata per l’ennesima volta, l’Olimpia dopo aver cacciato (anche se oggi si dice rescisso consensualmente) Repesa ha affidato la panchina a coach Pianigiani, senese che andava tanto di moda fino a pochi anni fa. Rivoluzionato pure il roster dove spiccano gli innesti di Goudelock, M’Baye, Theodore e Young. Il confronto con Venezia al momento dice 1-0 e la Supercoppa Italiana messa in bacheca. Anche lo scorso anno era cominciata così.

Venezia, senza Ariel FIlloy e Melvin Ejim ma con in più Biligha, Watt, Kyzlink, Michael Jenkins e De Nicolao strappato a Reggio Emilia, ha il difficilissimo compito di ripetersi e difendere lo scudetto vinto contro Trento. L’anno che verrà sarà fondamentale per la Reyer e per le sue ambizioni. Se nelle intenzioni del padre-padrone Brugnaro c’era l’idea di una crescita che avrebbe portato la Reyer ad avere un palazzo dello sport più capiente e moderno e a radicarsi definitivamente in terraferma (ma mantenendo comunque la rappresentanza della città), la vittoria dello scudetto e la conseguente maggior visibilità potrebbero aver accelerato le cose.

Dietro le prime due, ma con distacco, Trento che ha perso Ralsky, professione talent scout, volato in America ai Brooklyn Nets e che ha come ogni anno rimesso pesantemente mano al roster, cercherà di contendere il ruolo di terzo incomodo ad Avellino del duo Fitipaldo-Filloy e delle due torri Lawal-Fasenko, difendendosi da Reggio Emilia, ridimensionata o forse solo compattata dalle partenze di De Nicolao e Aradori, atterrato a Bologna.

Bologna che si candida come sorpresa del campionato con un roster che ha come prima lingua l’italiano del duo Stefano e Alessandro Gentile e appunto Aradori che avranno il compito di animare il pubblico, molto esigente, della sponda Virtussina di Basket City. Molto buono anche il mercato di Torino, chiuso con il colpo Sasha Vujačić proveniente dai Knicks ma già transitato in Italia 15 anni fa a inizio carriera. Preoccupante la situazione di Cantù, al centro per tutta l’estate di mille voci, smentite ma senza convincere dalla proprietà, e numerose polemiche con giocatori tesserati ed ex.

Anche quest’anno roster ma anche pronostici potranno essere smantellati e smentiti grazie al mercato di riparazione (che il più delle volte ripara ben poco) sempre aperto, che porterà in Italia decine di giocatori dei quali non si sentirà più parlare dopo tre mesi e dei quali spesso non si sentiva neanche il bisogno. Perché rispettando le migliori tradizioni italiche, a parte qualche conferenza stampa e autocertificazione di bravura di Petrucci, nonostante la prevista e attesa figuraccia europea, rispetto allo scorso anno, sostanzialmente, non è cambiato nulla. Per volontà, forse, ma ormai viene da pensare, soprattutto per incapacità.

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Scritto da luigi ceccon

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